Scelti (e letti) per voi: 10 titoli di fiction usciti di recente tra romanzi e racconti, legati - ciascuno a suo modo - al mondo del design e dell'architettura. Una manciata di storie per ispirarsi e per fantasticare sugli oggetti, sulle case, sui luoghi, sui viaggi, sui modi di abitare. Narrazioni fantastiche, lontane nel tempo e nello spazio, oppure contemporanee. Perché per cominciare a progettare bisogna prima imparare a sognare.
'Settembre nero', di Sandro Veronesi
A 5 anni esatti da Il Colibrì, che gli valse il Premio Strega, ecco l'atteso 'Settembre nero' di Sandro Veronesi: tra lessico famigliare ed educazione sentimentale, la storia - ambientata nel 1972 - di un ragazzo del 1960 (l'autore è del 1959), in vacanza in Versilia (la spiaggia dei pratesi - l'autore è pratese). Avvio autobiografico, dunque, con un potente dialogo interno tra il Gigio (così si chiama il protagonista) bambino e il Gigio adulto. In equilibrio tra sacrosante aspettative e consuntivo, esplorazione di luoghi geografici e dell'anima mentre si assiste alla 'fioritura' di un 12enne (stra)ordinario e alle vicende che attraversa assieme alla sua famiglia, alla scoperta della musica e dell'amore. Ci si immedesima, si soffre, si fa il tifo; si fanno i conti con gli inciampi della vita e con le fragorose cadute, si sogna e spera e infine se ne esce, portandosene - assai volentieri - per molto tempo le tracce addosso.
'Accenderemo il sole', di José Mauro de Vasconcelos
"Le cicale cantavano l’estate tra i rovi. Godoia stava spazzando la sala, sistemando le camere, preparando da mangiare. E io lì, chiuso in una stanza, a guardare un misero filo di sole". Due righe appena per trasportarci immediatamente nella vita di Zezé, il protagonista di questo romanzo, bimbo brasiliano che sognava di essere un poeta e che ha poi dovuto lasciare la famiglia per andare a studiare altrove; se andrà bene a scuola, potrà aiutare un giorno i suoi fratelli; nei suoi nuovi amici, reali e immaginari, troverà la forza che gli manca per superare la nostalgia. In equilibrio tra realismo, amore insopprimibile per il cinema e l'arte e denuncia sociale, l'ideale seguito del best seller 'Il mio albero di arance dolci' (1969) è stato pubblicato per la prima volta nel 1974, ma a 50 anni di distanza conserva la freschezza dei capolavori senza tempo.
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'Il regista', di Daniel Kehlmann
Parabola del meraviglioso fallimento, artistico e umano, di Georg Wilhelm Pabst, il grande regista di 'Via senza gioia' e del 'Vaso di Pandora', i film che consacrarono il trionfo cinematografico di Greta Garbo e Louise Brooks. Apparso un anno fa in Germania e accolto da immediato e meritato successo, è la storia (quasi) vera di un grande artista reso celebre da pellicole di importanti contenuti sociali e psicologici, caratterizzati da una sensualità scandalosa per i tempi e da tematiche che lo identificavano – oltre che con le dominanti tendenze espressioniste e neo-oggettiviste – come regista di sinistra (era soprannominato 'Pabst il rosso'). Vissuto a cavallo tra le guerre, autoesiliatosi in Francia dopo la presa di potere di Hitler, si recò poi a Hollywood, dove non riuscì a ripetere i precedenti successi. Sebbene deciso a restare negli Usa, Pabst si recò a trovare la madre del 1939 e, sorpreso dalla guerra, fu costretto a rimanere in Germania dove per sopravvivere si mise a girare film popolari, inevitabilmente compromessi dall’ideologia del regime.
'Erediterai la terra', di Jane Smiley
Un enorme terreno da dividere tra tre sorelle: ottimo modo per cominciare una battaglia. Pubblicato in patria nel 1991, vincitore del National Book Critic Circle Award e del Pulitzer, mirabile romanzo ricco di colpi di scena, capace di raccontare senza sconti uno squarcio d'America in cui la terra è tutto: promessa, sudore, dolore, aspettativa. "Un chilometro e mezzo a est si scorgevano tre silos, che segnavano il confine nordorientale, e se si faceva scorrere lo sguardo dai silos alla casa e al fienile e poi di nuovo ai silos, si poteva cogliere l'immensità dell'appezzamento di terra posseduto da mio padre: seicentoquaranta acri, un'intera sezione, pagata fino all'ultimo centesimo, senza oneri, piatta e fertile, nera, friabile ed esposta come qualunque altro appezzamento al mondo". Da terreno acquitrinoso e inospitale a una delle fattorie più floride della contea di Zebulon, in Iowa: Larry, il capofamiglia, ha dedicato l’intera vita a realizzare questo sogno. Ma all'improvviso decide di lasciare tutto alla figlie, e di ritirarsi. Di qui, il disastro.
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'La banlieue di Parigi', di Blaise Cendrars e Robert Doisneau
Imperdibile per chi ama davvero Parigi, il gusto francese, la fotografia, l’umanità anche quando è malconcia e lontana dal brillare delle vie del centro: Robert Doisneau, il grande fotografo Magnum autore tra i moltissimi celebri scatti anche del «Bacio dell’Hotel de Ville», qui racconta per immagini i paesaggi urbani e antropici della periferia di Parigi a cavallo tra le due guerre. Il testo di introduzione è di Blaise Cendrars, uno dei più acuti e attenti intellettuali e poeti europei del Novecento. Ripubblicazione di un volume uscito la prima volta nel 1995, qui in un grande e prezioso formato cartonato, con 240 pagine e 130 foto molte delle quali inedite in Italia. Per restituire appieno il discreto fascino di luoghi difficili dove, sorpresa, si affaccia ogni tanto anche il sublime.
'Indipendenza' di Chitra Banerjee Divakaruni
Potrebbero forse bastare le parole d'encomio di Amitav Ghosh: "Una saga avvincente sulla decolonizzazione e la spartizione del subcontinente indiano, un cast di personaggi affascinanti e vividamente tratteggiati". Poi si comincia la lettura e presto ci si ritrova catturati dall'incanto. India, 1947: in un villaggio rurale del Bengala vivono tre sorelle, figlie di uno stimato medico. La prima intelligente e idealista, decisa a seguire le orme del padre. La seconda determinata a concludere un matrimonio prestigioso. La terza, talentuosa artista del kantha, un tipo di ricamo tradizionale. 'Indipendenza' è assieme la loro storia e la storia di un Paese da (ri)conoscere anche attraverso la descrizione dei suoi angoli meno noti: "C’è un fiume sottile come una catenina d’argento, c’è un villaggio delimitato da risaie verde-oro, c’è un venticello che profuma di dolci ruscelli, c’è il balcone di marmo di un’imponente dimora antica con le guardie ai cancelli di ferro e servitori che trasportano vassoi di prelibatezze su per le scale, ci sono un uomo e una donna seduti su sedie di teak intarsiato. C’è la nazione che contiene tutto ciò".
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'Fuori dalle mappe', di Alastair Bonnett
Sottotitolo delizioso: 'Un viaggio fantastico in luoghi inesplorati'. Ancor più magnetica la descrizione a pié di pagina: 'Città invisibili - luoghi perduti - Stati senza territorio - isole artificiali - Cimiteri viventi - Aeroporti occupati - Festival edenici - Labirinti sotterranei'. Piacere istantaneo per chiunque ami il mondo e i luoghi non mappati da Google, si legge come un romanzo anche se romanzo non è, con le sue imprevedibili meravigliose soste. Un omaggio emozionante ai confini sfocati e all’idea che l’uomo non conosce tutto, né tutto può essere scoperto e conquistato. E un’ode al territorio come fabbrica delle nostre vite, dove costruiamo la nostra identità e la nostra memoria. Con una serie di fulminanti istantanee che i più audaci trasformeranno in proposte di viaggio: "Crogiolarsi al sole su un’isola creata artificialmente con schiuma ghiacciata". "Colonizzare una città vicino a Chernobyl che non è mai stata abitata". "Passare la notte in un cimitero popolato (da gente viva) nel nord di Manila". "Incontrare l’amore della tua vita nella campagna britannica, dove si trova la capitale del sesso open air".
'Class', di Stephanie Land
Stephanie Land è l'autrice dell'acclamato 'Maid - donna delle pulizie' (da cui l'omonima serie Netflix). Qui l'ideale seguito del suo primo, coraggioso memoir: storia di vita vera, certo, a tratti talmente dura da sembrare finzione. Recita in modo letterale il sottotitolo che questa è la storia di 'una madre single e la sua lotta contro le ingiustizie sociali ed economiche: una testimonianza che parla a tutte le donne'. E ci si sente chiamate in causa (e anche un po' colpevoli) nel leggere delle capriole abitative, della spesa fatta con i buoni del sussidio statale, della vita faticosa davvero di una donna (bianca, perciò per sua stessa ammissione avvantaggiata) che non si arrende al destino che le è toccato in sorte. Studia perciò all'università, coltivando il sogno di diventare scrittrice, accettando lavori umili e pranzi offerti da uomini che non la trattano particolarmente bene, affidando la figlia agli amici se deve andare a pulire una casa o portandola con sé a lezione. Mai arresa, mai rassegnata, sempre creativa e in cerca dell'arte - anche quando è nascosta anche negli angoli più bui.
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'Quattordici giorni', a cura di Margaret Atwood e Douglas Preston
Mirabile romanzo collettivo con contributi affidati ai più svariati autori - da Dave Eggers a Monique Truong, da Celeste Ng a John Grisham, per intenderci - ambientato a New York nel fatale 2020: appena stabilita nel palazzo come portinaia, Yessie, figlia di emigrati rumeni, trova nel suo appartamento La Bibbia del Fernsby, diario del precedente custode dove sono annotati i nomi di tutti gli inquilini, informazioni sulla loro vita e sul loro carattere. I condomini si riuniscono tutte le sere, verso il crepuscolo, sul terrazzo, per chiacchierare prima di andare a dormire. Ben presto, queste serate si trasformano in sessioni di racconti: ognuno, a turno, prende la parola e narra una storia, reale o di invenzione. Yessie decide di registrare segretamente per quattordici giorni i racconti di ogni inquilino, per poi trascrivere tutto sul suo quaderno. In un crescendo di tensione, tra misteri che si intrecciano e le vite - degli altri, dunque anche le nostre - affidate ai grandi della letteratura, il risultato è sorprendente.
'La città e le sue mura incerte', di Murakami Haruki
Partamo dal 'dietro le quinte': 'La città e le sue mura incerte' è in origine un racconto giovanile incompiuto di Murakami, di cui la prima parte è stata impiegata per "La fine del mondo e il paese delle meraviglie". Completato - complici le atmosfere rarefatte della pandemia - e trasformato, a partire dal 2020, in un lavoro monumentale, arriva in libreria con 500 pagine divise in settanta capitoli. Il romanzo si apre con una storia d’amore fra il protagonista (17 anni) e una sua compagna di scuola. Il loro è un amore acerbo, fatato, epistolare: lei gli racconta d’una città con mura altissime, un bel fiume e tre ponti di pietra, una torre di guardia, basse colline e un orologio senza lancette che sovrasta la piazza principale, dove si trovano mandrie di unicorni dal mantello dorato che percorrono strade lastricate di pietra e invisibili uccelli notturni. Ma in uno slancio di sincerità, la ragazza gli confessa d’essere solo un’ombra sbiadita poiché, in realtà, lei sente d’appartenere a quella città: "Il mio vero io è da qualche altra parte". Nostalgico, doloroso, sognante, necessario.